ZUPPA DI SASSO
di Danilo Conti e Antonella Piroli
scenografia e oggetti di scena Massimiliano Fabbri.
Compagnia TCP_Tanti Cosi Progetti
Per un pubblico da 3 a 7 anni – adatto ad un pubblico misto di adulti e bambini.
La fiaba a cui è ispirato lo spettacolo si perde nelle trame del tessuto popolare fitto di storie, racconti, aneddoti. Risale ad epoche in cui giramondo, vagabondi, soldati reduci da battaglie campali che tentavano di ritornare a casa durante i loro viaggi, di solito affrontati a piedi e senza risorse, incontravano gli abitanti di villaggi o piccole città sul loro percorso.
Stranieri sconosciuti che chiedevano ospitalità e ristoro e che alle volte riuscivano ad ingegnarsi e con qualche espediente sapevano conquistare la fiducia degli abitanti dei luoghi che attraversavano, e soprattutto risvegliavano in questi ultimi sentimenti e sensazioni dimenticate o sopite.
La storia della Minestra di sasso, fonte di ispirazione dello spettacolo, trasversale a diverse culture fiabesche, narra appunto di uno di questi viandanti che, durante il suo percorso, affamato, raggiunge un villaggio e non trova ospitalità per la paura e la diffidenza degli abitanti. Solamente attraverso un espediente riuscirà a saziarsi. Improvvisa un fuoco nella piazza del paese e, dopo aver chiesto in prestito una pentola, mette a bollire un sasso di fiume. La curiosità prende il sopravvento sulla diffidenza e ben presto tutti gli abitanti del posto desiderano aggiungere qualcosa, chi il sale, chi una verdura, all'ingrediente segreto che bolle in pentola e in alcuni casi la fiaba termina con una festa a cui partecipano tutti allegramente, in altri invece, la minestra se la mangia solamente l'improvvisato cuoco.
In tutte le versioni della storia però c'è un denominatore comune: il viandante, così come è apparso se ne va, senza dare spiegazioni, senza dire chi sia. Sia nella confusione della festa che si è formata, sia nello stupore e stordimento di chi ha assistito al fatto. Semplicemente riprende il suo viaggio e scompare anche se lascia una profonda traccia del suo passaggio.
In versioni più contemporanee il posto dei personaggi umani viene preso da animali che simboleggiano differenti psicologie e attitudini. Così troviamo protagonista un vecchio lupo che, ormai non più cacciatore, escogita l'espediente del sasso per riuscire a rimediare un pasto. In questo modo viaggia di villaggio in villaggio proponendo agli animali/abitanti una zuppa di sasso. Dapprima diffidenti e spaventati, in seguito incuriositi e infine partecipanti, galline, maiali, pecore, capre, cavalli, asini, cani, portano a turno vari ingredienti e infine si ritrovano attorno ad un camino in un convivio festoso. Ed anche in questa versione il lupo vagabondo se ne andrà portando via il suo sasso.
Non è infatti tanto nella figura del protagonista, umano o animale che sia, da ricercare il significato o la morale della storia, quanto in quello che questa figura è in grado di lasciare nei personaggi che restano. Ne sono trasformati, riscoprono sentimenti di unione, amicizia, felicità, leggerezza, che avevano dimenticato, abbandonato. La diffidenza verso gli altri, il sospetto, la paura lasciano il posto alla apertura degli animi, a sentimenti veri attraverso un gioco di illusione come quello del sasso.
L'attore attraverso l'utilizzo di oggetti e maschere interpreterà i differenti personaggi e li condurrà verso la festosa cena finale.
Infine: minestra, acquacotta, zuppa, delle tre definizioni l'ultima ci è sembrata la più idonea nel titolo a restituire l'atmosfera di calore, ristoro, convivialità.